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Danno da escursione rovinata

12 Dicembre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

Risponde del danno da gita rovinata l’armatore che, nonostante le avverse previsioni metereologiche, decida di compiere la programmata escursione marittima e sia, successivamente alla partenza, costretto a modificare il programma di viaggio, cancellando una tappa e rientrando comunque con ritardo, a causa del peggioramento delle condizioni meteo-marine.

Lo ha stabilito con la sentenza n. 2133/08 del 30 maggio – 7 luglio 2008 il Giudice di Pace di Ischia, dott. Sommonte, il quale ha altresì condannato l’impresa convenuta a rimborsare all’attrice il ticket di viaggio.

archiviato in: civile etichette: armatore, civile, danno, escursione, giudice di pace, ischia, previsioni metereologiche, vacanza rovinata

Responsabilità da reato e prescrizione del diritto al risarcimento

5 Dicembre 2008 by Gioacchino Celotti 3 commenti

clessidra prescrizione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione – alle quali, per evitare il formarsi di un contrasto con la precedente decisione a sezioni unite (sentenza n. 5121 del 2002), è stata rimessa la questione della durata del termine di prescrizione del risarcimento nell’ipotesi di reato procedibile a querela, non presentata – hanno affermato il seguente principio di diritto:

“Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto“.

archiviato in: civile etichette: prescrizione, querela, reato, responsabilità civile, risarcimento danni, Sezioni Unite

Impedimento del difensore e sospensione della prescrizione

1 Dicembre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

impedimento avvocato e sospensione della prescrizione

Con sentenza n. 44609 del 14 ottobre 2008, depositata il 1° dicembre 2008,  la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha rilevato che la richiesta del difensore di rinvio dell’udienza per un contemporaneo diverso impegno professionale non costituisce espressione di una impossibilità assoluta a partecipare all’udienza, ma una scelta del difensore, per quanto legittima. Ne consegue che, in tale ipotesi, il corso della prescrizione resta sospeso per tutto il periodo del differimento, non applicandosi il limite massimo di sessanta giorni di cui all’art. 159 c.p.

archiviato in: penale etichette: impedimento del difensore, prescrizione penale, rinvio, sospensione della prescrizione

Le Sezioni Unite sul danno esistenziale

15 Novembre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

danno esistenziale cassazione

Con l’importante decisione 11 novembre 2008 n. 26972 (di contenuto identico ad altre tre sentenze, tutte depositate contestualmente) le Sezioni Unite della Cassazione hanno non solo composto i precedenti contrasti sulla risarcibilità del c.d. danno esistenziale, ma hanno anche più in generale riesaminato approfonditamente i presupposti ed il contenuto della nozione di “danno non patrimoniale” di cui all’art. 2059 c.c..
La sentenza ha innanzitutto ribadito che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); e quella in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. La decisione è quindi passata ad esaminare il contenuto della nozione di danno non patrimoniale, stabilendo che quest’ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva. E’, pertanto, scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. “danno morale soggettivo”, inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell’unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante.
Da questo principio è stato tratto il corollario che non è ammissibile nel nostro ordinamento la concepibilità d’un danno definito “esistenziale”, inteso quale la perdita del fare areddituale della persona. Una simile perdita, ove causata da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, costituisce né più né meno che un ordinario danno non patrimoniale, di per sé risarcibile ex art. 2059 c.c., e che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato.
Quando, per contro, un pregiudizio del tipo definito in dottrina “esistenziale” sia causato da condotte che non siano lesive di specifici diritti della persona costituzionalmente garantiti, esso sarà irrisarcibile, giusta la limitazione di cui all’art. 2059 c.c..
Da ciò le SS.UU. hanno tratto spunto per negare la risarcibilità dei danni non patrimoniali cc.dd. “bagatellari”, ossia quelli futili od irrisori, ovvero causati da condotte prive del requisito della gravità, ed hanno al riguardo avvertito che la liquidazione, specie nei giudizi decisi dal giudice di pace secondo equità, di danni non patrimoniali non gravi o causati da offese non serie, è censurabile in sede di gravame per violazione di un principio informatore della materia.
La sentenza è completata da tre importanti precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, liquidazione e prova del danno.
Per quanto attiene la responsabilità contrattuale, le SS.UU. hanno precisato che anche dall’inadempimento di una obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, che sarà risarcibile nei limiti ed alle condizioni già viste (e quindi o nei casi espressamente previsti dalla legge, ovvero quando l’inadempimento abbia leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione).
Per quanto attiene la liquidazione del danno, le SS.UU. hanno ricordato che il danno non patrimoniale va risarcito integralmente, ma senza duplicazioni: deve, pertanto, ritenersi sbagliata la prassi di liquidare in caso di lesioni della persona sia il danno morale sia quello biologico; come pure quella di liquidare nel caso di morte di un familiare sia il danno morale, sia quello da perdita del rapporto parentale: gli uni e gli altri, per quanto detto, costituiscono infatti pregiudizi del medesimo tipo.
Infine, per quanto attiene la prova del danno, le SS.UU. hanno ammesso che essa possa fornirsi anche per presunzioni semplici, fermo restando però l’onere del danneggiato gli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio.

Fonte: Corte di Cassazione

archiviato in: civile etichette: danno esistenziale, Sezioni Unite

Confisca obbligatoria esclusa in caso di estinzione del reato

20 Ottobre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

Con la sentenza n. 38834, depositata il 15 ottobre 2008, le Sezioni Unite hanno affermato che la confisca delle cose costituenti il prezzo del reato, prevista obbligatoriamente dall’art. 240, comma 2, n. 1, cod. pen., non può essere disposta nel caso di estinzione del reato stesso. E, tuttavia, auspicano un intervento legislativo richiamando il monito di una autorevole dottrina, lontana nel tempo ma presente nell’insegnamento, secondo la quale è antigiuridico e immorale che il corrotto, non punibile per qualsiasi causa, possa godersi il denaro ch’egli ebbe per commettere il fatto obiettivamente criminoso.

archiviato in: penale etichette: confisca, estinzione, reato

Caso Englaro, le motivazioni della Corte costituzionale

9 Ottobre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

La Corte di Cassazione, Sez. I civile, con sentenza n. 21748 del 4-16 ottobre 2007 aveva affermato il principio di diritto della concedibilità dell’autorizzazione ad interrompere il trattamento vitale di un malato in stato vegetativo permanente (alimentazione con sondino nasogastrico): a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche sia pur flebile recupero della coscienza e di un ritorno alla percezione del mondo esterno; b) sempre che tale istanza sia espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.

La Corte di Appello di Milano, Sez. 1. civile, quale giudice del rinvio, con decreto del 25 giugno 2008, nell’ambito del procedimento di volontaria giurisdizione n. 88/2008, aveva poi richiamate, condivise e rese operative le determinazioni di cui alla predetta sentenza della Corte di cassazione.

Camera dei Deputati e Senato della Repubblica hanno sollevato dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzione tra i poteri dello stato: stante la lacuna normativa in materia, i giudici avrebbero colmato il vuoto assunto a presupposto delle proprie pronunce mediante un’attività che assume sostanzialmente i connotati di vera e propria attività di produzione normativa.

Con l’ordinanza n. 334 depositata l’8.10.2008, la Corte costituzionale ha dichiarato i ricorsi inammissibili.

archiviato in: civile etichette: corte costituzionale, Englaro, salute, stato vegetativo

Contratto di telefonia e tentativo di conciliazione

8 Ottobre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

In tema di contratti in materia di telecomunicazioni tra utente e soggetto autorizzato o destinatario di licenze rientranti tra le fattispecie disciplinate dalla Legge 31 luglio 1997, n. 249 (“Istituzione dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo“) e dal “regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni e utenti” approvato da detta Autorità (v. l’Allegato A, delibera n. 182/02/CONS), anche le controversie volte a stabilire se sia stato o meno stipulato uno dei predetti contratti, sono assoggettate alla disciplina prevista in detta normativa nel comma 11 dell’art. 1 della legge e negli artt. 3 e 4 del regolamento; e quindi l’attore, prima di agire in giudizio, è tenuto a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio. [Leggi di più…]

archiviato in: civile etichette: conciliazione, controversie, corecom, telecomunicazioni, telefonia

Litiga con i colleghi, legittimo il suo trasferimento

1 Ottobre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

litigio con colleghi
A condizione che vengano preservate le “mansioni originarie”, la misura rientra, ad avviso della Suprema Corte, tra le ragioni organizzative costituenti corretto esercizio dello ius variandi.

Ripresa dai principali organi di informazione, ha suscitato curiosità la pronuncia della Corte di Cassazione (sezione lavoro – sent. n. 22059) che ha ritenuto legittimo il trasferimento di un lavoratore (un operaio di un’azienda di trasporti navali della provincia di Venezia) “giustificato dalla necessità di rasserenare i rapporti con i colleghi di lavoro“.

archiviato in: lavoro e previdenza etichette: colleghi, ius variandi, lavoro, licenziamento, litigio, trasferimento

Comunione o non comunione?

1 Ottobre 2008 by Gioacchino Celotti Lascia un commento

Lo scorso anno mio marito ha acquistato l’appartamento nel quale poi siamo andati ad abitare. Io ho contribuito in parte al pagamento del prezzo, ma è stato lui, da solo, a sbrigare tutte le formalità e, in particolare, è stato lui a sottoscrivere dal Notaio l’atto di compravendita. Vorrei sapere se, essendo in regime di comunione, il bene è comunque di entrambi.

A norma dell’art. 177, lett. a), cod. civ., costituiscono oggetto della comunione gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; dunque, non ha alcuna rilevanza, per escludere il bene in questione dalla comunione, la circostanza che l’atto sia stato sottoscritto da un solo coniuge.

archiviato in: civile, famiglia etichette: acquisti, comunione, coniugi, matrimonio, regime patrimoniale

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