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Posta certificata nelle procedure concorsuali, prime applicazioni

5 Febbraio 2013 by Redazione Lascia un commento

Tra le novità più rilevanti introdotte dal c.d. decreto sviluppo bis (D.L. n. 179/2012,  convertito nella Legge n. 221/2012), vi è quella riguardante le modalità di comunicazione degli atti nelle procedure concorsuali, e, in particolare, l’obbligo di presentare le domande di ammissione al passivo esclusivamente a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di P.E.C. del curatore. La nuova disciplina si applica dal 19 dicembre 2012 a tutti i nuovi fallimenti nonché a quelli già pendenti a tale data nei quali il curatore non abbia ancora inviato ai creditori l’avviso di cui all’art. 92 l.f.

L’art. 93 L. Fall., nella sua nuova formulazione, prevede che “La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da trasmettere a norma del comma seguente almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo” (1° comma) e che “Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi degli articoli 21, comma 2, ovvero 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, e successive modificazioni, e nel termine stabilito dal primo comma, è trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell’avviso di cui all’articolo 92, unitamente ai documenti di cui al successivo sesto comma. L’originale del titolo di credito allegato al ricorso è depositato presso la cancelleria del tribunale” (2° comma).

I documenti indicati nel sesto comma sono quelli “dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene“.

Il richiamo, contenuto nel secondo comma, agli artt. 21, comma 2, ovvero 22, comma 3, del D.lgs. n. 82/2005 (cd. Codice dell’Amministrazione digitale), comporta l’obbligo per il creditore istante di presentare il ricorso esclusivamente in formato digitale, e, nel caso di documento creato in origine in formato digitale (pensiamo ad una domanda di ammissione redatta su supporto informatico utilizzando un programma di videoscrittura e così trasmessa), di sottoscriverlo con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, in modo da garantire l’identificabilità dell’autore, nonché l’integrità e l’immodificabilità del documento (art. 21, co. 2). Detta firma sembrerebbe non richiesta, invece, nel caso di documento creato in origine in formato cartaceo e quindi digitalizzato mediante scansione, per il quale vale la regola dettata dall’art. 22, comma 3, D.lgs. cit., secondo cui “le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta“.

In realtà, la formulazione della norma ha già ricevuto le prime censure di ambiguità, prestandosi, inoltre, a diverse chiavi di lettura. Intanto, il riferimento alle regole tecniche di futura emanazione (art. 71 C.A.D.), sia pure con salvezza nelle more di quelle vigenti nelle materie del presente codice, costituisce di per sé fonte di incertezza, dal momento che, ai fini della corretta formazione e trasmissione del documento informatico, occorre di volta in volta indagare sulla idoneità del documento stesso, per come formato e trasmesso, a soddisfare i requisiti prescritti della legge a pena di irricevibilità della domanda.

E già si registrano, sul punto, indirizzi operativi di segno diverso tra gli uffici giudiziari: da quello più rigoroso che, senza operare alcun distinguo, prescrive come obbligatoria per tutti i ricorsi, comunque formati, la firma digitale, e quello che sembra circoscrivere l’obbligo della firma digitale ai soli ricorsi creati in origine in formato digitale.

Si veda, per es., la nota del 10 gennaio 2013 a firma del Presidente del Tribunale Civile di Trieste, recante “indicazioni operative di attuazione delle nuove norme sulle comunicazioni nelle procedure concorsuali” che, quanto al fallimento, considera necessario che l’avviso di cui all’art. 92 l.f. contenga, tra le altre, la seguente informazione:

la copia informatica del ricorso contenente la domanda va formata ai sensi degli artt. 21, 2° co., e 22, 3° co., d.lgs. 82/2005, e dovrà, pertanto, essere sottoscritta con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, nel rispetto delle regole tecniche previste dallo stesso d.lgs. 82/2005.

Con circolare del 27 dicembre 2012, invece, il Presidente Tribunale di Milano, II Sezione civile (fallimenti), dopo avere richiamato il carattere esclusivo della presentazione in formato digitale della domanda di ammissione al passivo, ricollega, sia pure incidenter tantum, l’utilizzo della firma digitale ai soli ricorsi creati in origine in formato digitale e, peraltro, omette ogni riferimento all’uso come obbligatorio della firma elettronica nella parte in cui indica il contenuto necessario dell’avviso di cui all’art. 92 l.f.

Ciò che la lettera del novellato art. 93 consente di escludere con ragionevole certezza è che l’obbligo di firma digitale si estenda anche ai documenti diversi da quello che incorpora il ricorso, allegati al medesimo messaggio di posta elettronica certificata ovvero trasmessi successivamente, giacché il richiamo agli articoli 21, comma 2, ovvero 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 riguarda unicamente le modalità di “formazione” del ricorso (“il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte ed è formato ai sensi degli articoli…”), nulla statuendo invece la disposizione in ordine alle modalità di “formazione” dei “documenti dimostrativi”, se non che anch’essi debbano essere trasmessi all’indirizzo di P.E.C. del curatore. In pratica, la disciplina è univoca solo per quanto attiene alla concrete modalità di trasmissione o, per meglio dire, al mezzo di comunicazione prescelto: la posta elettronica certificata.

Ciò che è altresì certo è che la novità introdotta dal legislatore merita un’attenzione particolare, giacché si inserisce, ponendosi all’avanguardia, in un campo soggetto a costante evoluzione, non solo normativa, ma anche strettamente tecnica. Dunque, non mancheranno ulteriori spunti di analisi e di riflessione, in attesa del consolidarsi delle prassi operative.

Avv. Gioacchino Celotti

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archiviato in: fallimentare, giustizia etichette: domanda di ammissione al passivo, fallimento, firma digitale, P.E.C.

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