Per l’efficacia giuridica della remissione di querela non è indispensabile l’accettazione, essendo sufficiente che da parte del querelato non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione stessa.
In definitiva, ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 28571 del 18 marzo 2009 – depositata il 13 luglio 2009 (Sezione Quarta Penale, Presidente G. Zecca, Relatore V. Romis), ciò che il giudice deve ricercare non è la esistenza o meno di una manifestazione di volontà dell’imputato – espressa o tacita che sia – sulla accettazione ma, più semplicemente, la mancanza di un rifiuto, desumibile da dichiarazioni o fatti concludenti, di tale accettazione. Ne consegue – ha proseguito la Corte di Cassazione – che, in mancanza di altri elementi di segno positivo, anche in presenza di un imputato non comparso può essere apprezzata tale mancanza. Nella assenza (o nella contumacia) dell’imputato, infatti, non sono apprezzabili segni positivi della volontà di costui di coltivare il processo per giungere alla rilevazione della propria innocenza.