Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione vengono investite della questione, ritenuta di particolare importanza e complessità e sulla quale si sono registrate oscillazioni giurisprudenziali, relativa alla rideterminabilità in sede di esecuzione della pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle droghe cc.dd. leggere con pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 e, in caso di risposta affermativa, con quali concrete modalità.
Ricostruito lo stato della giurisprudenza, con la sentenza n. 37107 del 15 settembre 2015, le SS.UU. ritengono che:
- per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale sostanziale relativa al trattamento sanzionatorio è necessario rimuovere gli effetti che dalla norma in questione discendono;
- tale operazione, investendo principi fondamentali quale quello della libertà personale, impone, ai sensi dell’art. 30, terzo e quarto comma, legge n. 87 del 1953, di rivisitare il giudicato di condanna in tutti i casi in cui il rapporto esecutivo non sia esaurito;
- in tali casi il giudicato, da una parte, deve essere “mantenuto”, quanto ai profili relativi alla sussistenza del fatto, alla sua attribuzione soggettiva e alla sua qualificazione giuridica, ma, dall’altra, deve essere “riconformato”, quanto ai profili sanzionatori;
- il compito di incidere sul giudicato ai fini indicati spetta al giudice della esecuzione che “non si limita a conoscere delle questioni sulla validità ed efficacia del titolo esecutivo, ma è anche abilitato, in vari casi, ad incidere su di esso (art. 669, 670 comma 3, 671, 672 e 673 cod. proc. pen.)” e che quindi può intervenire sia quando l’intervento si risolve in una mera operazione matematica di tipo automatico, sia quanto la rimozione dei perduranti effetti derivanti dalla norma dichiarata incostituzionale richieda l’esercizio di poteri valutativi;
- il limite all’opera di rideterminazione della pena da parte del giudice dell’esecuzione, che può fare uso di poteri istruttori, è costituito da quanto già accertato dal giudice di cognizione per ragioni di merito, cioè da quanto accertato non facendo applicazione della norma dichiarata incostituzionale
Con riferimento, poi, allo specifico caso della pena applicata su accordo delle parti (c.d. patteggiamento), le SS.UU. individuano, in assenza di norme specifiche disciplinanti la fattispecie in esame, nell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. lo strumento processuale per rimodellare la pena, oggetto della sentenza di patteggiamento irrevocabile, divenuta illegale a seguito della dichiarazione di incostituzionalità: il condannato e il pubblico ministero possono sottoporre al giudice dell’esecuzione un nuovo accordo sulla pena, quantificata in base ai criteri edittali operanti a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 32 del 2014; in caso di pena ritenuta non congrua, spetterà allo stesso giudice dell’esecuzione rideterminarla autonomamente utilizzando i criteri di cui agli art. 132 e 133 cod. pen. secondo i canoni della adeguatezza e della proporzionalità che tengano conto della nuova perimetrazione edittale.
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